I magistrati e la magistratura Né rose, né crisantemi di Francesco Nucara Tutti i media in questo periodo non fanno altro che discutere del processo a Berlusconi (uno dei tanti), la cui udienza finale della Cassazione è fissata per il 30 luglio. Si disquisisce tra salvacondotti, grazie da parte del Presidente della Repubblica, magistratura partigiana e via dicendo. E’ purtroppo vero che parte della magistratura non è degna di vestire la toga, tanto che anche recentemente un magistrato del tribunale fallimentare di Roma è stato arrestato. E se quel magistrato fosse lo stesso che, superando concetti procedurali, ha fatto perdere la sede storica del PRI? Qualche dubbio potremmo averlo sull’imparzialità del giudice? Difendiamo la magistratura in quanto potere autonomo dello Stato, così come previsto nella Costituzione, ma abbiamo il diritto e il dovere di criticare gli atti dei magistrati e le loro sentenze, quando le riteniamo sbagliate o ingiuste, anche se fossero passate in giudicato. Gaetano Sardiello, nel suo discorso alla Costituente sulla Magistratura, cita un documento redatto da giudici del tribunale di Milano e plaude ad esso che nella parte finale così recita: "Bisogna riconoscere onestamente che oggi è la condotta di una parte non trascurabile di magistrati che costituisce il più grave intralcio al conseguimento delle mete". La meta era il "riconoscimento del potere autonomo". Possiamo quindi ben concordare con quei magistrati che già nel 1947 paventavano quello che poi effettivamente sarebbe successo. Orbene, il caso Berlusconi è diventato materia di disquisizioni politico-giudiziarie che interessano trasversalmente tutto l’arco politico ed opinionista del nostro Paese. Da Marco Travaglio, oggi direttore de "Il Fatto Quotidiano", a Giampiero Mughini, oggi opinionista di "Libero", ma antiberlusconiano, e già direttore di "Lotta Continua". Noi non possiamo sapere se Berlusconi è colpevole o non colpevole (l’innocenza è una categoria dei peccatori non dei rei) e forse non riuscirà a stabilirlo nemmeno la Cassazione, viste le recenti affermazioni del primo presidente, dottor Santacroce. Certo è sospetta la celerità del processo e la scrittura delle motivazioni della condanna (8 giorni), quando lo stesso presidente redigente la motivazione, per una condanna per stupro, da più di un anno deve scriverne la motivazione, e senza la motivazione il reo non può ricorrere in Cassazione. Insomma per quest’ultimo tutto è bloccato. Appare pure sproporzionata la condanna, ma dura lex sed lex, e nel nostro sistema giudiziario, anche senza prove evidenti, esiste il libero convincimento del giudice, che però mai si dovrebbe tramutare in libero arbitrio. Affermare apoditticamente che il giudice applica la legge, in un sistema giudiziario, quello italiano, che fa acqua da tutte le parti, ci sembra quanto meno ingenuo. Prendiamo ad esempio l’iniziativa del pubblico ministero di Palermo sul problema della trattativa mafia-Stato. Il magistrato Ingroia, rispettoso delle leggi e degli ordinamenti, si oppone al trasferimento deciso dall’organo di autocontrollo dei magistrati, il CSM. Neanche i magistrati vogliono rispettare le decisioni che derivano dal loro ordinamento! Certo una decisione del CSM non è paragonabile ad una sentenza, ma un magistrato dovrebbe avere un comportamento diverso da un comune cittadino, che sia reo o meno. L’iniziativa della magistratura di Palermo, che porta a giudizio generali e ufficiali dei carabinieri che hanno reso onore alla loro divisa e al nostro Paese, nonché ministri e politici, adoperandosi pure per coinvolgere il Capo dello Stato, è stata deplorata da personaggi che certamente non possono essere definiti conservatori e tanto meno di destra. L’illustre prof. Giovanni Fiandaca, ordinario di diritto penale legato alla sinistra e già componente del CSM, con un saggio sulla rivista "Criminalia" demolisce totalmente la tesi del pubblico ministero Ingroia, anche se quest’ultimo considera il professore il suo Maestro. La rivista "Criminalia" tratta solo di problemi scientifici e non è un giornale che si legge in aereo o sul treno: è una rivista per specializzati. Della stessa idea del prof. Fiandaca è l’ex senatore del PCI e poi del PDS, l’avvocato Giovanni Pellegrino. Autorevoli cultori del diritto e del garantismo, non certo sospettabili di partigianeria politica. Né rose né crisantemi quindi ai magistrati, ma giudizi critici quando è il caso, e apprezzamenti quando si ritengono giusti. D’altra parte bisognerebbe fare un’analisi attenta sui guasti che una mala giustizia, o più propriamente una giustizia inefficiente, arreca all’economia del Paese. E infine apprendere che il Capo della Procura di Palermo è sotto provvedimento disciplinare perché "succube" di un suo procuratore non induce certamente ad avere molta fiducia nella giustizia. |